BitCoin: cosa sono e quali rischi nascondono

0

bitcoinNon sono stampati dalla zecca e non circolano attraverso le banche. Su Internet però, vengono usati da migliaia di persone per un totale di 5 miliardi di dollari. Da quando possono essere convertiti in moneta “reale“, fanno gola anche alla malavita.

Il termine corretto sarebbe “criptomoneta”, ma pochi giorni dalla sua comparsa su Internet, Bitcoin è stata battezzata come “moneta virtuale”. Quando è stata creata nel 2009, però, nessuno si poteva aspettare che sarebbe diventato un fenomeno tra i più innovativi (e incontrollabile) mai visto sul Web. A distanza di 5 anni dalla sua nascita, infatti, Bitcoin viene usata da migliaia di persone e in alcuni Paesi sono comparsi anche dei bancomat che permettono di convertirla e prelevare denaro “reale”.

Chi ha creato Bitcoin, non pensava certamente che potesse diventare un fenomeno di massa. Il suo fantomatico creatore, infatti, ha pensato i bitcoin come una sorta di esperimento sociale e tecnico. Sotto il primo aspetto, l’idea era quella di creare una moneta che non fosse sotto il controllo dei governi. Sotto il secondo, voleva rappresentare un’applicazione dei sistemi di crittografia e della filosofia “peer to peer”, la stessa usate per scambiare i file Online e che ha ispirato programmi come Napster, eMule e Torrent. Tutto il sistema di gestione di Bitcoin (quando si parla del sistema si usa il maiuscolo, mentre le monete vengono indicate in minuscolo) è infatti affidato alle singole persone che partecipano alla loro creazione. Allo stesso modo, tutti gli scambi di bitcoin tramite Internet sono registrati su migliaia di computer in tutto il mondo.

Come nascono i BitCoin?

 

Semplificando il processo, si può dire che vengano “calcolati” dai singoli computer utilizzando dei particolari software chiamati “miner”. La creazione dei bitcoin è stata infatti battezzata “mining”, una parola inglese che indica l’estrazione dalle miniere. In-somma: i bitcoin si estraggono come l’oro dalle miniere. Al posto di scavare la dura roccia, però, i cercatori di bitcoin devono affrontare la matematica. I programmi in questione usano la potenza di calcolo del computer per elaborare i complessi algoritmi matematici che identificano ogni singolo bitcoin e lo rendono unico e riconoscibile aH’interno del circuito. Questo significa che, per ottenere un bitcoin, è necessario installare il programma e mettere il computer a “lavorare” fino a quando non completa i calcoli necessari per ottenere una moneta virtuale. Il sistema ha una doppia funzione: i calcoli che vengono fatti dal programma, infatti, servono anche a registrare ogni acquisto e vendita di bitcoin in modo che si tenga traccia di ogni transazione. Insomma: installando un programma per la creazione dei bitcoin si diventa nello stesso momento parte del sistema che permette lo scambio.

Come si può generare un bitcoin?

Nei primi tempi dopo la creazione del circuito Bitcoin, si poteva generare moneta virtuale abbastanza velocemente utilizzando un semplice computer. L’unico requisito necessario era quello di avere una buona scheda video, poiché i processori grafici (GPU) sono quelli più adatti a eseguire i calcoli per generare i bitcoin. L’algoritmo su cui si basa il sistema è impostato in modo che possa arrivare a creare un numero massimo di bitcoin (21 milioni) nell’arco di 130 anni. I bitcoin vengono distribuiti casualmente e. di conseguenza, le probabilità di ottenerne uno sono maggiori quanta più potenza di calcolo si impegna nella loro generazione. Ogni quattro anni, però, il numero di bitcoin assegnati giornalmente diminuisce. Questo significa che serve una maggiore potenza di calcolo per ottenerli.

Quanta concorrenza!

A rendere più difficile la creazione dei bitcoin ha contribuito anche il grande successo ottenuto dalla criptomoneta. Negli ultimi anni, infatti, molti appassionati hanno cominciato ad assemblare dei computer dedicati alla generazione dei bitcoin, utilizzando più schede video collegate tra loro che sono in grado di impiegare una grandissima potenza di calcolo e aumentare così le probabilità di ottenere la preziosa moneta. Sono nate anche alcune aziende specializzate che vendono questi computer a chi si vuole dedicare alla generazione della moneta virtuale ma, secondo alcuni, si avvicina il momento in cui questa specie di “corsa aM’oro” potrebbe arrivare al capolinea. Il costo in energia elettrica per generare un bitcoin, infatti, rischia di essere superiore al valore della moneta che viene creata.

Il salto di qualità

In origine, i bitcoin avrebbero dovuto essere usati solo per piccoli scambi via Internet. L’idea di base, infatti, era quella di permettere alle persone di eseguire piccole transazioni sul Web senza dover pagare le commissioni bancarie che, in molti casi, scoraggiavano l’uso di Internet per vendere piccoli oggetti. Chi riceveva i bitcoin, poi, avrebbe potuto usarli per fare altri acquisti simili, creando così una sorta di mercato parallelo e indipendente rispetto a quello degli euro o dei dollari. Quello che nessuno aveva previsto, era che il loro valore sarebbe cresciuto in maniera esponenziale. Nel 2009, infatti, un bitcoin valeva pochi centesimi. Nel 2013 il valore è arrivato a un massimo di 1.200 dollari. Una crescita che ha fatto la fortuna di alcuni dei “pionieri” del sistema. Uno studente norvegese, per esempio, ha scoperto che i 5.600 bitcoin che aveva acquistato per 24 dollari nel 2009 avevano raggiunto un valore di
700.000 dollari. Ma non mancano i casi in cui l’investimento in moneta virtuale hanno provocato “incidenti” al limite dell’incredibile. È il caso di un cittadino britannico che ha gettato via per errore un disco fisso sul quale conservava i suoi bitcoin. Un “malloppo” da 6 milioni di dollari che è andato irrimediabilmente perduto.

Come a Wall Street

I grandi cambi di valore del bitcoin sono dovuti al fatto che il loro valore dipende solo dalla legge della domanda e dell’offerta, proprio come succede per le azioni in borsa. Nel caso della moneta virtuale, però, non c’è nessun centro di controllo che limiti le fluttuazioni del suo valore. Su Internet, inoltre, hanno fatto la loro comparsa decine di servizi specializzati che, oltre a conservare i bitcoin come farebbe una banca, permettono di acquistarli e venderli in cambio di monete reali. Chi azzecca il momento giusto per fare il cambio può guadagnare cifre notevoli. Un errore, però, può portare a perdite altrettanto grandi. Nonostante i rischi di un mercato ai limiti della legalità, ci sono migliaia di investitori che scommettono ogni giorno sui cambi di valore dei bitcoin. Un fenomeno che, secondo alcuni esperti, rischia di indebolire il sistema e trasformarlo in una sorta di “far west digitale” che, al posto di rappresentare un’alternativa alle classiche monete, potrebbe finire per prenderne solo i peggiori difetti.

L’ombra della criminalità sui bitcoin

Tra le caratteristiche di Bitcoin c’è anche quella di essere una moneta difficilmente tracciabile. Anche se tutti gli scambi di moneta virtuale sono registrati, non esiste un elenco anagrafico che abbia un valore legale. Insomma: gli scambi di bitcoin sono quasi anonimi. Questa particolarità ha attirato l’attenzione della criminalità organizzata, che sembra aver cominciato a usare i bitcoin per i suoi traffici. A contribuire è stato anche l’aumento di valore della moneta virtuale. Fino a quando valevano pochi centesimi, infatti, i bitcoin non potevano certo essere usati per sposta- i re grandi quantità di denaro. Nel momento in cui scriviamo, però, i bitcoin in circolazione hanno un valore complessivo di circa 5 miliardi. Per un criminale è quindi molto facile cambiare migliaia di euro in 1 bitcoin e trasferirli a chi vuo-
le in modo che questi possa immediatamente riconvertirli in moneta reale. Un passaggio che, se effettuato attraverso delle banche tradizionali, attirerebbe l’attenzione delle autorità di polizia. Nel mondo virtuale dei bitcoin, invece, ci sono buone probabilità che passi inosservato.

La moneta dei bassifondi di Internet

C’è un altro ambiente in cui i bitcoin sono protagonisti assoluti. Si tratta del Deep Web, i cosiddetti “bassifondi di Internet”. Si tratta di tutti quei siti Web che non sono raggiungibili tramite i normali motori di ricerca e a cui ci si può collegare solo usando dei software particolari che permettono di navigare in maniera anonima su Internet. È un ambiente che molti considerano affascinante, ma che è anche molto pericoloso. Trattandosi di una vera “terra di nessuno” in cui non esistono controlli, viene utilizzato per la vendita di prodotti illegali, come armi e droghe. Proprio chi si dedica a questo tipo di traffici ottiene il massimo vantaggio dall’uso di una moneta “quasi anonima” come i bitcoin. A utilizzare la criptovaluta per i suoi scambi era anche Silkroad. il celebre negozio Online che per anni ha venduto sostanze stupefacenti via Internet attraverso il suo sito nascosto nel Deep Web. Quando nel 2013 l’FBI ha chiuso Silkroad e arrestato il presunto proprietario del negozio online, gli agenti hanno ricostruito il passaggio di denaro generato dai traffici illeciti del sito. Da febbraio 2011 a luglio 2013, secondo i calcoli del-l’FBI, Silkroad avrebbe incassato circa 9,5 milioni di bitcoin, per un valore di 1,2 miliardi di dollari.

I pirati informatici

A chiedere pagamenti in bitcoin sono anche i cosiddetti “cracker”, gli hacker “cattivi” che mettono le loro capacità a disposizione del miglior offerente. Tra i loro servizi ci sono attacchi a siti Web e violazioni di computer e reti su commissione. Tutto questo viene offerto ancora una volta nei siti “nascosti” del Deep Web e secondo un listino prezzi espresso in dollari o in euro. Per il pagamento, però, è richiesto rigorosamente l’uso dei bitcoin, che permettono loro di mantenere l’anonimato. Anche i pirati informatici che utilizzano i virus per guadagnare denaro hanno trovato il modo di sfruttare i bitcoin. In questo caso, però, i cyber criminali preferiscono puntare dritti alla fonte. Negli ultimi mesi, infatti, le società che producono antivirus hanno registrato una crescita di trojan che usano i compu- j ter infettati per far “girare” i software per la generazione di bitcoin. In questo modo i pirati informatici creano delle reti che includono migliaia di computer e ne sfruttano la potenza di calcolo per ottenere le monete virtuali all’in- ; saputa dei legittimi proprietari del PC.

Il rischio bancarotta

Visto che il circuito Bitcoin somiglia sempre più a un si- i sterna monetario reale, deve fare i conti anche con l’ipotesi di tracolli finanziari legati all’attività di scambio e inve-
stimento in bitcoin. In questo caso, però, i rischi sono più elevati rispetto al “mondo reale”. Per i bitcoin non esistono infatti controlli statali e anche gli operatori che offrono servizi su Internet non hanno obblighi di assicurazione. Questo significa che, in caso di bancarotta. i risparmiatori non hanno alcuna certezza di recuperare i loro soldi. Purtroppo, si tratta di un rischio reale e la cronaca riporta numerosi casi di “crack” che hanno portato alla perdita di denaro per gli incolpevoli clienti. L’ultimo in ordine di tempo è stato quello di MtGox. un sito giapponese la cui chiusura ha provocato la “scomparsa” di circa 750.000 bitcoin, per un valore di 345 milioni di euro.

Rapinatori virtuali

Non sono solo i dissesti finanziari a mettere a rischio il denaro virtuale. La nascita delle banche online dedicate ai bitcoin ha scatenato anche il fenomeno degli attacchi hacker che puntano a impossessarsi dei preziosi dati che consentono di rivendicare il possesso della moneta virtuale. I casi di attacchi hacker sono già decine e fruttano ai pirati enormi quantità di soldi. Nella maggior parte dei casi, a finire nel mirino nel mirino sono proprio i negozi illegali che agiscono nel Deep Web. Questi non possono certo rivolgersi alla polizia per
denunciare il furto e anche i proprietari del denaro si troverebbero nella condizione di ammettere di aver commesso un crimine. Insomma: per i pirati informatici si tratta delle vittime ideali. Un’azione di questo tipo, messa a segno contro i server del sito Sheep Marketplace nel dicembre del 2013, ha fruttato ai “rapinatori” circa 100 milioni di dollari in bitcoin. Uno dei bottini più ricchi mai sottratto con questo tipo di attacco.
Alla conquista di nuovo spazio

Nonostante i numerosi problemi e una certa diffidenza da parte di chi non vede di buon occhio una moneta “al-ternativa”, il circuito Bitcoin ha aumentato la sua diffusione e gode attualmente di una grande popolarità.

Anche le banche tradizionali, infatti, hanno cominciato a interessarsi alla criptovaluta e molti negozi “tradizionali”, oltre a quelli su Internet, hanno deciso di accettare i bitcoin come sistema di pagamento. Nel mondo esistono anche 200 “bancomat” che permettono il cambio di valute in bitcoin.

Il primo ha fatto la sua comparsa a Vancouver in Canada, e a partire da ottobre di quest’anno anche in Italia sono stati installati cinque bancomat di questo tipo.

Per ora sono ancora poco utilizzati, ma i gestori si aspettano una crescita di clienti. Per utilizzarli, infatti, si può anche usare un’app per smartphone che rende più semplici e veloci le procedure di registrazione necessarie per avere un “portafogli virtuale” dedicato ai bitcoin. Il futuro di Bitcoin, quindi, sembra assicurato. Sempre che il sistema riesca a godere della stessa fiducia che lo ha accompagnato finora nella sua crescita.