Scopri cosa rivelano 800 mila lettere dell’Agenzia delle Entrate alle Partite IVA: sveliamo il contenuto che ti interessa!

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L’Agenzia delle Entrate ha avviato un’azione di controllo nei confronti di circa 800.000 Partite IVA che risultano inattive da almeno tre anni. Questa azione è stata motivata da un’indagine statistica conclusa il 31 luglio, come previsto dal Testo unico delle imposte sui redditi. Gli anni presi in considerazione sono il 2019, il 2020 e il 2021, durante i quali non sono state presentate dichiarazioni IVA né redditi d’impresa o di lavoro autonomo.

Le Partite IVA coinvolte riceveranno una comunicazione diretta da parte dell’Agenzia delle Entrate, tramite la quale sarà richiesto loro di fornire chiarimenti sulla propria situazione. In caso di incongruenze o mancate risposte, l’Agenzia potrà decidere di procedere alla chiusura d’ufficio delle Partite IVA che non soddisfano i requisiti necessari per mantenere l’attività. I titolari avranno 60 giorni di tempo, a partire dall’avviso, per fornire i chiarimenti richiesti.

È importante sottolineare che la chiusura d’ufficio non riguarda solo le Partite IVA inattive, ma anche quelle coinvolte in possibili casi di grave evasione o inadempimento fiscale. Queste ultime potranno essere sottoposte alla chiusura d’ufficio se l’Agenzia delle Entrate rileva una situazione che definisce “grave e/o sistematica evasione” o “grave e/o sistematico inadempimento fiscale”.

Le Partite IVA “Apri e chiudi”, che vengono create con lo scopo di svolgere temporaneamente un’attività per poi dismetterle prima di dover pagare le imposte dovute, sono particolarmente a rischio di chiusura d’ufficio. Queste attività sono spesso associate a casi di truffa. Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate rilevi un rischio accertato, procede alla chiusura d’ufficio della Partita IVA, che non potrà essere riattivata. L’unica soluzione per avviare nuovamente un’attività è aprire una nuova Partita IVA, presentando contemporaneamente una fideiussione di tre anni del valore minimo di 50.000 Euro o dell’importo delle violazioni contestate, se superiore al valore minimo previsto dalla fideiussione.

In sintesi, l’Agenzia delle Entrate sta attenzionando circa 800.000 Partite IVA inattive e sta richiedendo loro di fornire chiarimenti sulla propria situazione. Saranno prese in considerazione anche possibili situazioni di evasione fiscale o inadempimento grave e sistematico. Nel caso di mancate risposte o incongruenze, l’Agenzia potrà procedere alla chiusura d’ufficio delle Partite IVA, rendendole non riattivabili.

800 mila lettere dell’Agenzia delle entrate in arrivo alle Partite Iva: ti anticipiamo il contenuto

L’Agenzia delle Entrate sta attualmente focalizzando la sua attenzione su circa 800.000 Partite IVA, che riceveranno una comunicazione diretta riguardante la necessità di chiarire alcuni aspetti legati alla loro posizione. Questa azione è stata avviata a seguito di un’indagine statistica conclusa il 31 luglio, in conformità con il Testo Unico delle imposte sui redditi. L’indagine ha rivelato che queste Partite IVA sono rimaste inattive negli ultimi tre anni, dal 2019 al 2021, senza presentare dichiarazioni IVA o redditi d’impresa o di lavoro autonomo. In caso di incongruenze o mancate risposte, l’Agenzia delle Entrate potrà decidere di chiuderle d’ufficio, anche se i titolari avranno 60 giorni di tempo per fornire chiarimenti. Tuttavia, alcune imprese e liberi professionisti rischiano la chiusura d’ufficio non per inattività, ma per problemi legati a una presunta evasione fiscale o inadempimento fiscale grave e sistematico. Queste Partite IVA “Apri e chiudi” vengono create solo per trarne temporaneamente profitto attraverso alcune attività e poi disattivate poco prima del pagamento delle imposte. Quando l’Agenzia delle Entrate identifica questo rischio, procede con la chiusura d’ufficio della Partita IVA, che non potrà più essere riattivata. L’unica soluzione per riprendere un’attività è aprire una nuova Partita IVA, presentando contemporaneamente una fideiussione di tre anni del valore minimo di 50.000 Euro o dell’importo delle violazioni contestate se superiore al valore fideiussorio minimo.