Rapina alle pensioni delle donne: il Governo mette a rischio l’Opzione Donna

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La riforma delle pensioni continua a generare confusione, soprattutto a causa della mancanza di risorse finanziarie e dell’eventualità che l’Opzione donna venga eliminata. Durante il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha espresso con chiarezza il fatto che non tutto può essere realizzato. Adesso bisognerà aspettare la prossima legge di Bilancio per vedere quali saranno gli sviluppi.

Le vacanze stanno volgendo al termine per tutti, compresa il premier Giorgia Meloni e il suo governo, che si riuniranno nuovamente lunedì 28 agosto. Al centro delle discussioni ci sarà la prossima legge di Bilancio, e con l’aggiunta al Def (documento di economia e finanza) bisognerà fare chiarezza sulle risorse disponibili e su come impiegarle.

Nel suo discorso a Rimini, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha affermato con convinzione che non si può fare tutto. Oltre alla mancanza di risorse economiche, un ostacolo alla riforma delle pensioni strutturale è rappresentato dalla diminuzione delle nascite. Il rischio di permettere troppo presto l’accesso alla pensione è quello di lasciare numerosi posti di lavoro vacanti a causa della mancanza di giovani pronti a sostituire coloro che lasciano il lavoro.

Per quanto riguarda l’Opzione donna, si tratta ancora di un obiettivo lontano, ma nel frattempo alcune modifiche al sistema attuale saranno necessarie. Purtroppo è possibile che salti qualche misura di prepensionamento.

In particolare, l’Opzione donna è a rischio. Questa misura è stata introdotta nel 2004 durante il secondo governo di Silvio Berlusconi e prevedeva la possibilità per tutte le lavoratrici di andare in pensione a 58 anni con almeno 35 anni di contributi. Tuttavia, questa misura è sempre stata soggetta a rinnovo annuale e non è mai diventata strutturale. Doveva essere eliminata nel 2022, ma Giorgia Meloni ha deciso di rinnovarla con importanti limitazioni.

Infatti, a partire da quest’anno, l’età pensionabile con l’Opzione donna è stata portata da 58 a 60 anni (59 in caso di un figlio, 58 in caso di due o più figli) e la platea dei beneficiari è stata notevolmente ridotta. Attualmente, solo le seguenti categorie possono accedere alla pensione anticipata con l’Opzione donna: le caregiver, le lavoratrici con una disabilità pari o superiore al 74% e i dipendenti di aziende in crisi.

Tuttavia, Giorgia Meloni ha recentemente dichiarato che le richieste per andare in pensione con l’Opzione donna sono diminuite considerevolmente, e quindi il governo potrebbe decidere di eliminare questa misura. Al contempo, è quasi certo il rinnovo della Quota 103, che prevede il pensionamento a 62 anni con almeno 41 anni di contributi.

Si sta anche valutando la possibilità di ampliare il numero di lavori considerati gravosi e usuranti, al fine di permettere a un numero sempre maggiore di lavoratori di accedere alla pensione anticipata con l’Ape sociale. Con questa opzione, infatti, è possibile lasciare il lavoro a 63 anni con un requisito contributivo di 30, 32 o 36 anni, a seconda della categoria lavorativa. Tuttavia, questa opzione ha lo svantaggio che l’assegno previdenziale non può superare mai i 1500 euro al mese.

Opzione donna a rischio? Stretta sulle pensioni dal Governo, rischio per le donne

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato durante un meeting a Rimini che non si possono fare tutte le riforme delle pensioni a causa della mancanza di risorse finanziarie. La prossima legge di Bilancio dovrà stabilire come destinare le risorse disponibili. Inoltre, il calo delle nascite rappresenta un ostacolo alla riforma delle pensioni poiché potrebbe causare la carenza di giovani lavoratori per sostituire quelli in pensione. L’Opzione donna, che permette alle lavoratrici di andare in pensione prima, è a rischio di essere eliminata, mentre è più probabile il rinnovo di Quota 103, che consente la pensione a 62 anni con 41 anni di contributi. Si sta considerando anche l’ampliamento dei lavori gravosi e usuranti per permettere a un numero maggiore di lavoratori di accedere alla pensione anticipata con l’Ape sociale, anche se l’assegno previdenziale in questo caso non può superare i 1500 euro al mese.