Molte persone che si avvicinano all’età pensionabile si chiedono quanto ammonti il loro assegno previdenziale una volta terminata la loro carriera lavorativa. In particolare, si domandano se convenga continuare a lavorare per far crescere la pensione. In effetti, trattenersi al lavoro oltre i limiti previdenziali potrebbe comportare dei vantaggi economici. Ma quanto vale, più o meno, un anno di lavoro in più ai fini della pensione?
Secondo il sistema contributivo, che coinvolge la maggior parte dei lavoratori, l’ammontare dell’assegno pensionistico è legato ai contributi versati durante la vita professionale. Pertanto, per ogni anno di lavoro in più, il montante contributivo – ovvero l’insieme dei contributi versati – aumenta effettivamente. Ad esempio, un lavoratore dipendente versa ogni anno il 33% della sua retribuzione lorda annua come contributo. Tuttavia, il calcolo non è così semplice, ma dipende da un coefficiente di trasformazione che viene aggiornato con cadenza biennale. Questo coefficiente tiene conto del costo della vita e aumenta con l’età del lavoratore che va in pensione. Quindi, trattenersi un anno in più potrebbe comportare un vantaggio in termini di coefficiente maggiorato.
Per avere un’idea più concreta di quanto si guadagni rinviando di un anno o più la pensione, prendiamo ad esempio un lavoratore che ha accumulato un montante contributivo pari a 300.000 euro e che va in pensione a sessantasette anni nel 2023. In questo caso, l’assegno previdenziale lordo sarebbe di 17.160 euro all’anno, suddiviso in tredici mensilità da 1.320 euro.
Tuttavia, se il lavoratore decidisse di rimanere a lavorare un anno in più, il coefficiente di trasformazione aumenterebbe al 5,93% anziché al 5,72%, e il montante contributivo potrebbe raggiungere i 310.000 euro. Di conseguenza, la pensione annua sarebbe di 18.383 euro lordi. Lavorando un anno in più, si otterrebbe quindi una pensione più elevata.
Tuttavia, bisogna fare una precisazione importante: trattenersi al lavoro oltre i limiti previdenziali conviene solo in alcuni casi. Infatti, il beneficio pensionistico è significativo per i redditi bassi, ma meno evidente per quelli alti. Le tasse, infatti, eliminano quasi del tutto il vantaggio di una miglior rendita. Attualmente, per redditi fino a 15.000 euro, si applica l’aliquota IRPEF minima del 23%. Oltre questa soglia, l’aliquota aumenta fino al 27% e oltre. Tuttavia, è importante sottolineare che le aliquote potrebbero cambiare in seguito alla riforma fiscale voluta dal Governo Meloni.
In conclusione, trattenersi al lavoro un anno in più può comportare dei vantaggi in termini di pensione più elevata, ma ciò dipende da diverse variabili, tra cui il sistema previdenziale adottato, il montante contributivo accumulato e la propria situazione fiscale. Pertanto, è sempre consigliabile valutare attentamente la propria situazione personale e consultarsi con un esperto per prendere decisioni informate sul proprio futuro previdenziale.
Quanto diventa più ricca la pensione per ogni anno di lavoro in più | Tutti sbagliano
Il testo discute se convenga trattenersi al lavoro oltre i limiti previdenziali per ottenere una pensione più alta. Spiega che, secondo il sistema contributivo, l’ammontare dell’assegno pensionistico dipende dai contributi versati durante la carriera lavorativa. Man mano che cresce il montante contributivo, anche il coefficiente di trasformazione aumenta, portando a un assegno pensionistico più elevato. Viene fornito un esempio pratico in cui lavorare un anno in più porta a un aumento dell’assegno pensionistico. Tuttavia, viene specificato che questa scelta è vantaggiosa solo per i redditi bassi, poiché le tasse eliminano quasi del tutto il beneficio per i redditi alti. Si fa anche riferimento alla possibilità di cambiamenti delle aliquote fiscali con la riforma voluta dal Governo Meloni.