Nelle ultime ore, il lancio del Huawei Mate 60 Pro in Cina ha sollevato la discussione sull’efficacia delle sanzioni americane contro Pechino. Lo smartphone, infatti, presenta un chip prodotto con tecnologia a 7 nm dalla compagnia cinese SMIC, una tecnologia che secondo Washington sarebbe arrivata in Cina solo tra diversi anni.
Secondo quanto riportato da Tom’s Hardware, dopo il lancio del Huawei Mate 60 Pro, molti cittadini cinesi hanno ironizzato sulle sanzioni americane contro Pechino, definendole “inutili” e persino prendendo in giro il Segretario americano del Commercio, Gina Raimondo. I commentatori cinesi vedono la rapida ripresa di Huawei dalle sanzioni imposte dall’amministrazione americana come un esempio della resistenza dell’industria cinese alle avversità globali.
Le sanzioni contro Huawei risalgono al 2018 e si sono via via inasprite nel tempo, con il momento peggiore raggiunto nel 2019, quando sono state bloccate le licenze dei modem 5G di Qualcomm per Huawei. Tuttora, Huawei continua a lanciare smartphone limitati alla connettività 4G.
Nonostante l’entusiasmo cinese, occorre guardare con cautela alla rapida avanzata tecnologica di Pechino. In particolare, bisogna capire fino a che punto la Cina riuscirà a miniaturizzare rispetto al nodo a 7 nm. Benché il passaggio ai 5 nm potrebbe essere relativamente semplice, il Governo dei Paesi Bassi ha recentemente imposto ad ASML, azienda che produce macchinari per la produzione di chip, nuove e stringenti regole per le esportazioni dei suoi prodotti verso l’Asia. Questo potrebbe rendere molto difficile l’export di molti macchinari necessari per la produzione di chip a 4 nm e 3 nm. Con l’entrata in vigore di ulteriori restrizioni dal 2024, tutto ciò potrebbe rallentare significativamente gli sforzi cinesi per raggiungere la parità tecnologica con gli Stati Uniti e l’occidente.
In risposta al blocco delle importazioni da parte di ASML, la Cina ha stanziato 40 miliardi di dollari per il settore dell’hi-tech nazionale. Questo finanziamento fa parte di un piano più ampio di supporto alla tecnologia asiatica, che già nel 2014 aveva ricevuto un finanziamento di 20 miliardi di dollari, cui si sono aggiunti altri 33 miliardi di dollari nel 2019.
Niente più macchinari per i chip alla Cina. Pechino: “sanzioni inutili”
Il lancio del Huawei Mate 60 Pro in Cina ha sollevato dubbi sull’efficacia delle sanzioni americane contro Pechino. Lo smartphone è dotato di un chip realizzato in Cina con una tecnologia che secondo Washington sarebbe arrivata solo tra diversi anni nel paese. Dopo il lancio, molti cittadini cinesi hanno deriso le sanzioni americane, definendole inutili. Le sanzioni contro Huawei sono iniziate nel 2018 e sono state intensificate nel tempo, anche con il blocco delle licenze dei modem 5G di Qualcomm nel 2019. Nonostante l’euforia cinese, resta da vedere fino a che punto la Cina riuscirà a miniaturizzare ulteriormente la tecnologia dei chip. Il governo dei Paesi Bassi ha infatti imposto regole stringenti per le esportazioni dei macchinari necessari alla produzione di chip, il che potrebbe rallentare gli sforzi cinesi per raggiungere la parità tecnologica con gli Stati Uniti. In risposta al blocco, la Cina ha stanziato 40 miliardi di dollari per sostenere l’industria hi-tech nazionale.