Clandestino su ChatGPT: Account e Credenziali sul Dark Web – OpenAI accusa gli utenti

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La pubblicazione sul dark web delle credenziali di ChatGPT è stata ampiamente discussa su queste pagine. Oggi, un rappresentante di Tom’s Hardware ha risposto al leak di dati attraverso una mail, facendo il punto della situazione.

Secondo il portavoce, i risultati del rapporto Threat Intelligence di Group-IB sono il frutto di malware presenti sui dispositivi delle persone e non di una violazione da parte di OpenAI. Tuttavia, OpenAI sta lavorando per indagare sugli account esposti e ha adottato le migliori pratiche del settore per l’autenticazione e l’autorizzazione degli utenti a servizi come ChatGPT. Si incoraggiano gli utenti a utilizzare password complesse e a installare solo software verificato e affidabile sui loro personal computer.

Il rapporto rivela che sono stati trovati 26.802 log disponibili, e la maggior parte delle credenziali scaricate sono state individuate all’interno di log legati a famiglie di malware che mirano al furto di informazioni.

In sostanza, OpenAI ritiene che il dataleak non sia causato da problemi di sicurezza nei propri sistemi, ma piuttosto dall’imprudenza degli utenti che hanno installato app non verificate o utilizzato password deboli.

Account e credenziali di ChatGPT sul dark web, per OpenAI la colpa è degli utenti

Il testo riporta la risposta di un rappresentante di Tom’s Hardware riguardo alla pubblicazione sul dark web delle credenziali di ChatGPT. Il rappresentante precisa che i risultati del rapporto di Group-IB sono il risultato di malware sui dispositivi delle persone e non di una violazione di OpenAI. OpenAI sta indagando sugli account esposti e utilizza le migliori pratiche per l’autenticazione e l’autorizzazione degli utenti. Il rapporto indica che la maggior parte delle credenziali è stata trovata all’interno di log collegati a più famiglie di malware che mirano al furto di informazioni. OpenAI sostiene che il dataleak non è dovuto a problemi di sicurezza dei propri sistemi, ma all’incoscienza degli utenti nel installare app non verificate o nell’utilizzare password deboli.