Cambiare verso: una speranza per le nazioni meno fortunate nella rivoluzione verde

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La battaglia contro l’inquinamento potrebbe non portare tutti i risultati sperati, lasciando le zone più povere del mondo a sopportarne le conseguenze. Nonostante i discorsi sui cambiamenti verdi, la lotta all’inquinamento e il salvataggio del pianeta, sono sempre le stesse persone a pagare il prezzo e a essere dimenticate: nelle zone più povere del mondo o nei quartieri degradati dei Paesi ricchi, l’inquinamento continua a peggiorare.

Questo fenomeno può essere spiegato, almeno in parte, dal fatto che tendiamo a costruire impianti elettrici e autostrade nei quartieri a basso reddito, dove tendono a vivere anche le minoranze. Sembrerebbe che nascondiamo la polvere sotto al tappeto, ma sotto a quel tappeto vivono migliaia o milioni di esseri umani.

L’inquinamento derivante dalla combustione di combustibili fossili rilascia nell’ambiente una serie di sostanze nocive, tra cui il particolato che è considerato il più importante. Si stima che la sola categoria di particolato PM 2,5 sia responsabile di 100.000 morti premature all’anno negli Stati Uniti.

Le persone che vivono in aree a basso reddito hanno maggiori probabilità di essere esposte all’inquinamento da particolato a causa della vicinanza di questi quartieri alle fonti di inquinamento. Poiché le minoranze sono sovra-rappresentate tra le fasce di reddito più basse, sono loro a sopportare in modo sproporzionato il peso dell’uso dei combustibili fossili.

Rendere più ecologica la produzione di elettricità e i trasporti può significare ridurre il particolato e i problemi ad esso correlati. Tuttavia, anche se l’esposizione assoluta all’inquinamento diminuisce, ciò non significa che il modello di esposizione sproporzionato cambierà. In generale, l’inquinamento può diminuire mentre la distribuzione disuguale dell’esposizione rimane.

Per capire se rendere più ecologici l’elettricità e i trasporti possa contribuire a ridistribuire parte del peso dell’inquinamento, un gruppo di ricercatori di San Diego ha condotto due analisi sulle esposizioni al particolato PM 2,5. Tutti gli scenari testati dai ricercatori si sono concentrati sul raggiungimento dei tagli alle emissioni promessi dagli Stati Uniti nell’ambito dell’Accordo di Parigi.

Complessivamente, tutte le azioni intraprese contribuiscono a ridurre il particolato PM 2,5, con un calo complessivo dell’esposizione di circa il 10-15% a seconda dello scenario. Questo perché gran parte del particolato proviene da fonti diverse dai combustibili fossili. I costi degli scenari sono stati calcolati in base alle stime dei costi iniziali, delle spese per il carburante e dei costi a lungo termine relativi al funzionamento e alla manutenzione delle tecnologie a zero emissioni.

Un dato fondamentale emerso è che non esistono scenari che eliminino del tutto le disparità esistenti. In tutte le situazioni testate, anche quella che dava priorità alle comunità di minoranza nell’eliminazione delle fonti di inquinamento, i bianchi hanno continuato ad avere la minore esposizione al particolato. Tuttavia, questo scenario ha ridotto le disparità riscontrate tra tutti i gruppi minoritari, ma purtroppo è stato l’unico a farlo.

Alcuni scenari hanno persino peggiorato le disparità e purtroppo, sono quelli che sono più probabili che si verifichino. Uno di essi prevede la riduzione delle emissioni complessive a basso costo, mentre l’altro si concentra sulla riduzione delle emissioni nelle comunità a basso reddito. Il primo potrebbe verificarsi se gli Stati Uniti lasciano che le forze di mercato guidino la decarbonizzazione, mentre il secondo potrebbe avvenire a causa di alcuni programmi federali che danno priorità a queste comunità sulle questioni climatiche.

Tuttavia, ci sono delle speranze. Dai 300 scenari di riduzione randomizzati, i ricercatori hanno potuto identificare che non c’è una correlazione tra l’esposizione delle minoranze all’inquinamento e il costo dei tagli alle emissioni. Ciò significa che nonostante la scelta dei tagli più economici possa peggiorare la situazione, ci sono diverse possibilità di effettuare tagli a basso costo che non peggiorino le disparità.

Un’altra conclusione chiara emersa è che il trasporto è un fattore chiave nelle persistenti disparità, più della generazione elettrica. I test specifici hanno dimostrato che dare priorità ai tagli nell’ambito dei trasporti potrebbe ridurre la disparità di esposizione all’inquinamento, il che potrebbe aiutare a guidare le politiche future.

I ricercatori riconoscono che il loro modello era semplificato e ha preso in considerazione solo il PM 2,5 senza analizzare gli effetti di secondo ordine. Tuttavia, questa semplicità ha permesso di esplorare una vasta gamma di futuri potenziali e identificare le principali conclusioni.

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La lotta all’inquinamento potrebbe non avere gli effetti sperati, con le zone più povere del mondo che continueranno a pagarne le conseguenze. Molte persone vivono in quartieri a basso reddito vicino a impianti e autostrade, dove l’inquinamento è più grave. L’inquinamento da particolato, causato principalmente dalla combustione di combustibili fossili, provoca un elevato numero di morti premature. Anche se si riduce l’inquinamento nel suo complesso, l’esposizione all’inquinamento rimane diseguale. Gli scenari che hanno cercato di ridurre le disparità non sono riusciti completamente, tranne un caso che ha ridotto le disparità per tutti i gruppi minoritari. Alcuni scenari hanno addirittura peggiorato le disparità. Tuttavia, ci sono speranze, poiché è possibile effettuare tagli alle emissioni a basso costo che non peggiorano la disparità. Inoltre, si è constatato che le disparità sono principalmente legate al trasporto e non alla generazione elettrica. Ciò suggerisce che concentrarsi sulle riduzioni nel settore dei trasporti potrebbe ridurre la disparità di esposizione all’inquinamento.